Il curioso caso di Benjamin Pavard
Benji l'Interista è entrato nei cuori nerazzuri
Allo scoccare delle otto di sera io e il mio gruppo di amici ci troviamo al solito locale, a sorseggiare la solita birra, seduti al solito posto. In fondo, la scaramanzia ha effetto sugli uomini tanto quanto l’astrologia sulle donne.
Mercoledì da sogno
Una serata indimenticabile, quella trascorsa dai tifosi nerazzurri nell’attesissimo mercoledì di Champions: il ritorno dei Quarti di finale tra l’Inter e il Bayern di Monaco.
Torniamo a una settimana fa, alla Scala del Calcio gli ospiti hanno l’arduo compito di ribaltare la sconfitta della gara di andata.
Stando ai principali quotidiani sportivi l’Inter ha i favori del pronostico. Tanto che l’accesso alle semifinali sembra cosa fatta. A dirla tutta, volendo essere pessimista, me lo sentivo sarebbe stata una partita complicata.
Del resto, tolte le assenze di Neuer, Upamecano, Davies, e Musiala, i tedeschi hanno uno tra i migliori undici d’Europa. A separarci dalla doppia sfida europea col Barcellona di Hans Flick sono, allora, novanta minuti di febbricitante agonia.
Incontri del genere sono sconsigliati a chi soffre di cardiopatia. In effetti non me lo sono mai chiesto, sarà forse perché è tifoso dell’Inter che mio padre ha iniziato a soffrire di cuore?
Antonio Cassano non ha risparmiato critiche avverso a mister Inzaghi: “Stranamente viene fatto passare come un allenatore stratosferico. Non ha vinto uno scudetto, ma ne ha persi altri due con due squadre di gran lunga inferiori. Per me non vanno dati i meriti a Simone, ma vanno dati i demeriti”.
Al contrario, negli ultimi anni ‘Il Demone’ ha settato uno standard qualitativo straordinariamente alto. L’impressione che mi son fatto – e non sono il solo a pensarla così – è che l’Inter vanti migliore considerazione all’estero piuttosto che in Italia.
Il che è paradossale se consideriamo che in Europa non vincono dal famoso anno del Triplete, occorso oramai quindici anni fa.
Non che si sia mai commesso l’errore di paragonare l’Inter di oggi a quella della finale a Madrid: è evidente che non ci sia storia. Sono pur sempre tempi diversi; ricordo che allora se ti diceva culo la stagione finiva i primi maggio, quando invece quest’anno – col Mondiale per Club – potresti tirare fino a luglio.
A questo proposito tempo fa Pavard ha detto: “È impossibile stare sempre al 100% con questi ritmi infernali. La stanchezza fisica e mentale si avverte, non siamo macchine: in futuro si dovrà parlare ad alti livelli perché così, alla lunga, non è sostenibile”.
Il rischio di arrivare in fondo a tutte e quattro le competizioni e rimanere a bocca asciutta sicuramente c’è, e anzi è molto alto.
“Non ci poniamo limiti. Dobbiamo restare campioni d’Italia, pur sapendo che è molto difficile ripetersi. Può sembrare banale, ma nel calcio tutto è possibile, anche il Triplete. Bisogna mantenere questo spirito fino alla fine e poi si vedrà. Io sono fiducioso, in allenamento si spinge al massimo. Di certo, non rinuncio a niente, non ne ho mai abbastanza di vincere”, ha detto ai microfoni de La Repubblica – c’è da dire che la dichiarazione è invecchiata proprio male.
L’Inter prima di tutto
Ciò malgrado, ai tifosi non sembra importare nulla. L’altra settimana mi è apparso un reel pubblicato sui canali social del club. Il video riprende la palla gol appena successiva alla momentanea rete del vantaggio per 2-1. L’azione inizia dal limite dell’area di rigore presidiata da Sommer, per terminare con un tiro – centrale – di Matteo Darmian.
Nella sezione commenti leggo: “Cinquantasette anni, da interista un gioco così non l’ho mai visto. […] Forse non vinceremo nulla, ma il divertimento è assicurato”.
Divertiti ci siamo divertiti, ma che faticaccia. Di tutt’altro avviso, invece, i tifosi arrivati dalla Germania, speranzosi di assistere alla rimonta del Bayern, proprio come accadde agli Ottavi di finale della Champions League 2010-2011, quando fu l’Inter a espugnare l’Allianz Arena.
Allora ci pensò Goran Pandev su assist illuminante di Samuel Eto’o, in modo simile a come Carlos Augusto ha premiato l’incursione centrale di Davide Frattesi.
Stavolta a decretare il passaggio del turno è stato Benjamin Pavard col più classico dei gol dell’ex. Una gara da protagonista, la cinquantesima della sua carriera in Champions League: cinque duelli aerei vinti (compreso quello a svettare sopra a Kim, da cui è nata la seconda rete dell’Inter), 35 palloni giocati e un intervento in scivolata a togliere il pallone dalla disponibilità di Olise.
Entusiasta per il suo primo sigillo con la maglia dell’Inter, il difensore transalpino, ebro di fervore agonistico, non ha contenuto l’entusiasmo, finendo per esultare sotto lo spicchio della curva arancio.
“Sono molto contento di questo gol, lo aspettavo da tanto tempo ed è stato incredibile segnare in un'atmosfera del genere”, serata per molti aspetti indimenticabile.
La sua reazione di strabordante euforia non passa inosservata ai tifosi ospiti, i quali lamentano per quella che considerano un’eccessiva deferenza per una squadra che, fosse dipeso da Thomas Tuchel, l’avrebbe trattenuto in rosa fino alla chiusura di mercato.
Mette un post su IG con la caption “What a night! Scoring my first goal in San Siro was an amazing feeling. Proud of this team. We keep going”, per poi fare mea culpa, giustificandosi agli occhi dei suoi ex fedelissimi: “Il Bayern Monaco mi ha permesso di diventare il giocatore che sono oggi. Questo club è stato la mia casa per tanti anni. Non dimenticherò mai che onore è stato indossare, per ultimo, la maglia numero 5 e portare avanti l’eredità di una leggenda. La mia esultanza era semplicemente la gioia di un bambino che sta giocando un quarto di finale di Champions League. Non si è mai trattato di mancare di rispetto ai tifosi del Bayern. Con tanto affetto, Pavard”.
Sull’ennesima dormita difensiva di Kim – dopo quella nell’ultimo Der Klassiker col Borussia Dortmund – l’incornata del francese ha decretato la qualificazione in semifinale di Champions League.
Pavard non segnava esattamente da due anni. L’ultima volta risaliva al 15 aprile 2023 in campionato contro l’Hoffenheim. In Europa, invece, proprio contro l’Inter, durante la fase a gironi nel 2-0 casalingo di novembre 2022.
Il suo primo sigillo in maglia nerazzurra arriva a due anni dal suo arrivo in quel di Milano, quando a bordo del jet in viaggio verso Linate, ha postato l’epica storia: “Arriva Benji l'interista”.
A spiegare il motivo del soprannome è stato proprio lui ai microfoni di DAZN più di un anno fa: “Ne avevo parlato con degli amici. Adoro la musica italiana e stavo ascoltando quella canzone ‘Gigi l'amoroso’. E mi sono sentito interista, era da tanto che volevo diveltarlo. Sono molto contento di far parte del club, che ha dei tifosi meravigliosi. Spero di fare belle cose insieme”.
Sceso dall’auto si porta la mano al petto, mentre con l’altra saluta i nuovi tifosi: “Forza Inter”. Il suoi primi istanti da nuovo giocatore de La Beneamata sono pregni di una mistica particolare. Che l’Inter fosse parte della sua vita lo voleva il destino.
“La sceglievo sempre alla Playstation perché era davvero forte. Mi ricordo i tiri di Adriano. Giocavo con Zanetti, Cambiasso e Samuel. Erano i miei idoli, come Ronaldo il Fenomeno”, così racconta non troppo tempo fa ai microfoni de La Gazzetta dello Sport.
Come diceva Giacinto Facchetti: “Chi ha sofferto per questi colori sa cosa vuol dire amarli”. L’‘interismo’ non rappresenta solamente il tifo per la casacca nerazzurra, è un modo di vivere il calcio, una filosofia, uno stato d’animo, quasi una fede.
Si nutre di emozioni, sospeso tra notti di gloria e rovinose cadute nel buio. Eppure, sono anni che le cose vanno sorprendentemente bene.
Citando Federico Corona – noto tifoso nerazzurro – in un suo articolo per Rivista Undici: “È un interismo più stabile e sicuro di sé. Partorito dal successo epocale del Triplete, sedimentato in anni di buio senza intermittenze e fiorito in un’epoca operaia in cui la squadra è dovuta cresciuta con idee e lavoro e non con i soldi. Un interismo che non si sente più bersaglio della malasorte, che non si riflette più nell’elogio della follia, buona o cattiva che sia. Un interismo sempre romantico ma meno bohemienne”.
La squadra ha messo da parte le sue crisi d’identità, riuscendo, finalmente, a domare sé stessa. Il ‘Biscione’ ha cambiato pelle ed è tutto merito d’Inzaghi. “I suoi risultati non sono casuali e nascono dal gioco: è anche per lui che sono venuto qua, volevo divertirmi con una squadra competitiva, e bella”, ha detto di lui Pavard.
E anch’egli incarna a meraviglia questo sentimento. Solidità difensiva e intelligenza tattica, ma con l’Inter ha messo in mostra anche una grinta tutta italiana. Lucido in copertura, ma vulcanico nelle esultanze. Trasuda sicurezza, non urla, non fa scene, ma guida con autorità ed esperienza.
Perché lui
Nel luglio 2023, dopo sei anni di permanenza nel club, mister Inzaghi deve salutare quello che è stato per lungo tempo il perno della retroguardia nerazzurra: dopo mesi di trattativa (condotta da Beppe Marotta in persona della società meneghina) senza, per questo, arrivare a un accordo economico unanime, nell’estate del 2023 Milan Skriniar passa a parametro zero al Paris Saint-Germain.
Per sostituire lo slovacco La Beneamata ha messo gli occhi su diversi giocatori, tra cui il sempreverde Nacho Fernandez, Tiago Djaló, anch’egli col contratto in scadenza a fine stagione – sottratto e poi scaricato dall’arcinemica Juventus –, Trevoh Chalobah, ed infine Benjamin Pavard.
Di lui ricordiamo tutti il golazo di collo esterno al volo nella sfida contro l’Argentina agli Ottavi di finale del Campionato del Mondo di Russia 2018. La vetrina del Mondiale è troppo importante per passare inosservati, e in poche settimane dalla fine della competizione, si trasferisce dallo Stoccarda al club più titolato e al tempo stesso più blasonato di Germania.
In effetti tolte RB Lipsia e Hoffenheim, che preferiscono cedere all’estero i propri talenti, le altre fungono tutte da succursali del Bayern Monaco: Gotze, Sule, Hummels, Goretzka, Gnabry, e ultimo, ma non per importanza, Lewandoski.
L’idea di Rummenigge è che Kimmich liberi la corsia di destra a un terzino di ruolo, così da spostarsi stabilmente a centrocampo nel ruolo di regista basso.
Dopo sette stagioni in Germania, di cui quattro in Baviera, ‘Benji’ chiede di essere ceduto: “Avevo vinto tutto – ha spiegato. A 27 anni era arrivato il momento di cambiare. Cercavo una nuova avventura”.
L’Inter ci ha già provato nel gennaio 2023, ricevendo di tutta risposta un no, anche se momentaneo.
Dall’entourage del giocatore filtra che Pavard abbia rimandato ogni discorso a inizio estate.
A giugno torna a farsi vivo Ausilio, ma i termini non sono più gli stessi. Allettato dalla prospettiva di poterlo avere a costo zero, Marotta vuole programmare un suo arrivo alla scadenza di contratto, prevista per giugno 2024. Il che è coerente col bisogno paventato da Inzaghi di dover ricostruire il reparto offensivo.
Dopo la delusione per la sconfitta contro il Manchester City in finale di Coppa dei Campioni, d’accordo con la società nerazzurra l’allenatore piacentino vuole tesserare dal Chelsea – stavolta a titolo definitivo – Romelu Lukaku.
Per far ciò decidono assieme di rinunciare a prorogare di un altro anno il contratto a Edin Dzeko per lasciare la numero nove al gigante belga.
Nondimeno, il fatto di essere partito dalla panchina nella finale di Istanbul ha rappresentato per lui un definitivo punto di rottura.
Cominciano i primi ammiccamenti, in ordine col Milan e poi con la Juventus. Consumato il tradimento, l’Inter sceglie di destinare il gruzzolo per un altro centravanti, meglio se giovane e nerboruto. Si fanno i nomi di Scamacca, Jonathan David, e Balogun, ma il club alla fine non affonda con nessuno dei tre.
È quel punto che torna a farsi vivo il nome di Thuram, che Pellegatti ha declarato essere il prossimo nuovo acquisto dei cuginastri rossoneri. Marotta chiude l’operazione in tempi record e, nonostante una prima e dimenticabilissima parentesi in nerazzurro agli inizi di carriera, acquista il malconcio Arnautovic dal Bologna.
Come non bastasse l’Inter ottiene dal Marsiglia, in cambio del prestito di Correa, l’eterno Alexis Sanchez. Di mezzo a tutto questo, dopo la cessione di Onana al Manchester United per cinquanta milioni di euro, c’è anche trasferimento a titolo definitivo, proprio dal Bayern, del portiere elvetico Yann Sommer.
Dopo l’esperienza in Danimarca, Bisseck ha bisogno di tempo prima di essere arruolabile in prima squadra e tolto Bastoni nessuno tra i centrali di difesa è più di primo pelo.
È qui che Inzaghi propone di andare per qualcuno di meno futuribile, che possa fin da subito prendere il posto da titolare di Milan Skriniar.
Siamo a metà agosto e nell’ufficio di Viale della Liberazione torna in auge il nome di Pavard.
Con Julian Nagelsmann il Bayern ha sperimentato spesso la difesa a tre, soprattutto in costruzione. In questo senso, il ruolo che fa oggi all’Inter non gli è affatto nuovo, anzi era quello che più si avvicinava al suo profilo naturale di centrale moderno.
“Volevo conoscere l’Italia e vivere la passione della Serie A. Poi c’è la tattica. A Monaco giocavo terzino, qui sono centrale di difesa, il ruolo che preferisco”, afferma il giocatore nel corso di un’intervista molti mesi dopo il suo arrivo in quel di Milano.
“Ci lascia molta libertà ed è bellissimo. Avevo già giocato in difese a tre, ma si trattava soprattutto di coprire. Qui è un continuo dai e vai. Possiamo salire, creare spazio, dialogare con il regista. Mi ha sempre colpito la sua attenzione ai dettagli.
Non sottovaluta niente. E la sua mentalità è condivisa da tutti alla Pinetina. All’inizio lo guardavo con stupore, non avevo mai visto niente del genere”.
Dopo l’esonero di Nagelsmann, i bavaresi non vanno per un traghettatore, ma puntano su qualcuno con cui riaprire un ciclo.
Ancorché abbia vinto all’ultima giornata l’undicesima Bundesliga consecutiva – complice il rigore sbagliato da Sebastian Haller e la sconfitta interna del Borussia Dortmund contro il Magonza – Tuchel è inviso alla maggior parte della tifoseria.
I tedeschi sono reduci da una stagione da dimenticare e malgrado le resistenze dell’allenatore, la dirigenza avverte il bisogno di fare una rivoluzione.
Comincia, quindi, la negoziazione, coi nerazzurri che partono da un’offerta iniziale di 25 milioni più bonus.
Mentre che il centrale Josip Stanicic passa in prestito al Bayer Leverkusen, la trattativa prosegue a oltranza sino a raggiungere l’intesa per una cessione a titolo definitivo, fissata a 27 milioni più 3 di bonus: “Avevo forzato per lasciare Monaco. Ho scelto l’Inter anche perché nella difesa a tre do il meglio. Volevo solo l’Inter, che mi seguiva da tempo”.
Benvenuto
Completa il trio difensivo assieme ad Acerbi e Bastoni, il ruolo di braccetto gli sembra cucito addosso come un abito di fine sartoria: “Bastoni è uno dei migliori al mondo, un centrocampista nel corpo di un difensore. Acerbi porta esperienza: lo studio, mi piace il modo in cui vince i duelli e tiene la maglia con intelligenza. Sono evoluto con lui, ora sono smaliziato”.
Dall’alto dei suoi 186 cm il numero 28 è un difensore potente, tecnico, ed elegante. Imposta dal basso con maestria, senza andare mai sotto pressione.
Ama salire lungo la catena di destra, scambiandosi di posizione col quinto per proporsi in avanti in costruzione. In alternativa, non è raro vedere degli inserimenti centrali ad aprire il campo per le ripartenze delle mezzeali.
È febbraio 2024 e, grazie a un'incauta autorete di Gatti, l’Inter supera di misura la Juventus 1-0, centrando il tredicesimo clean sheet stagionale e continuando la sua corsa verso la seconda stella.
La lussazione della rotula rimediata a novembre è ormai un ricordo lontano. Il numero ventotto ha trovato continuità di minuti in campo, diventando un elemento insostituibile dello scacchiere di Simone Inzaghi.
Pur essendo soltanto alla sua seconda stagione in nerazzurro, Pavard dà già l'impressione di essere un veterano dell'Inter.
Col Bayern ha offerto una prestazione di grande sostanza e intelligenza tattica. Schierato in più ruoli nel corso del match, ha saputo leggere al meglio le situazioni di gioco, schermando un incontenibile Olise, il migliore in campo tra le fila dei bavaresi. E, sinceramente, l’idea di affrontare il Barcellona senza di lui in campo non solo mi inquieta, mi toglie il sonno.
Al francese mancava solo il gol per togliersi di dosso il peso dei trenta milioni investiti per il suo acquisto. Benjamin Pavard non è tanto il simbolo di un ‘interismo’ di 2° generazione, quanto la prova provata dei benefici che la cura Inzaghi ha sui tifosi e sui giocatori.